Il silenzio di Coldiretti: intervista a Giordano Zambrini
A margine del convegno che la Cia di Imola ha tenuto un paio di settimana fa (dedicato al tema della sostenibilità in agricoltura) abbiamo parlato con il presidente Giordano Zambrini delle difficoltà che ci sono nel comparto per raggiungere progettualità condivise fra le varie organizzazioni e ci ha detto di avere scritto, tempo fa, una lettera alla presidenza della Coldiretti di Bologna proprio per affrontare la tematica del coordinamento fra le organizzazioni.
Perché ha deciso di fare questo passo?
Ho sempre sostenuto che il nostro settore ha bisogno di maggiore unità sindacale; è un settore primario, infatti, dove si evidenzia in modo molto forte un’assenza di strategie per la salvaguardia soprattutto del reddito delle imprese agricole. Va ripensato tutto il percorso che deve portare a ottenere la redditività, perchè rimane in mano a pochi e sicuramente non va in mano ai produttori.
Il problema va affrontato in modo unitario e con la lettera chiedevo anche di conoscere (e di augurare un buon lavoro) al nuovo presidente di Bologna; volevo anche capire se ci fosse la volontà di aprire un percorso progettuale sul territorio, partendo anche nel nostro.
Non possiamo pensare devono sempre essere gli altri a fare le cose, le esperienze nuove devono partire anche dai territori in cui viviamo perché altrimenti non saremmo di buon esempio e non saremmo nemmeno credibili.”
A cosa pensa esattamente?
Il settore agricolo ha bisogno di ripensarsi a livello di rappresentanza soprattutto partendo proprio dal territorio dove la Cia da alcuni anni sta cercando di mettere in campo una progettualità per dare valore al territorio alle aziende agricole e al loro reddito e soprattutto in un contesto di salubrità e di tutela ambientale che deve comunque essere rivolto non solo agli agricoli singoli ma anche a chi svolge attività industriale e artigianale. Tutto un territorio deve essere partecipe di un percorso unitario.
E Coldiretti cosa vi ha detto o scritto?
Finora nessuna risposta, e se non ricordo male abbiamo richiesto questo incontro un paio di mesi fa. Ma io l’impressione che Coldiretti si regga su un sistema piramidale. Per quell’’organizzazione le direttive arrivano dall’alto e tutti devono ubbidire. Da qui nasce il problema vero: non c’è da parte loro autonomia decisionale, e fanno quindi fatica ad avere relazioni e confronti con gli altri. Questo meccanismo, però, è molto pericoloso perché continua a creare una situazione particolare e di fatto questa organizzazione sta lavorando non tanto per le proprie aziende, non tanto per i propri associati, non tanto per il mondo agricolo, ma per la sopravvivenza di un sistema interno fatto anche di grandi privilegi per alcuni personaggi. Coldiretti ora non sta tutelando le imprese agricole, ma si occupa della tutela dell’industria agroalimentare e sappiamo che quell’industria è uno degli anelli nella filiera alimentare che trattiene maggior valore aggiunto.
La mia è certamente un’analisi parziale e forse incompleta, ma il silenzio sulle proposte di collaborazione parla chiaro.
Michele Zacchi