PIACENZA

L’Appennino piacentino investe sulla qualità delle patate

lamponi

Giuseppe Romagnoli

FARINI (Piacenza) – La patata, una produzione che nel piacentino può a buona ragione essere considerata “di nicchia”, per le caratteristiche qualitative che la contraddistinguono e che consentono a chi “ha resistito” in montagna di conseguire un accettabile reddito, che però va integrato con altre produzioni, sovente biologiche, sempre più richieste dal mercato, come lamponi o mirtilli e produzioni orticole, sovente vendute direttamente in azienda.

È il caso dell’azienda Chinosi a Bruzzi Sopra di Boccolo Noce a Farini (Piacenza) dove operano Mario, la moglie e la figlia Maria Luisa, un’attività rigorosamente familiare che ha portato al ripristino, con passione, di terreni ormai quasi abbandonati e con strutture rurali ormai fatiscenti, come del resto si riscontra sempre più nelle zone montane.

La famiglia Chinosi invece, a parte i mesi invernali trascorsi a Farini, con l’arrivo della primavera si trasferisce nella frazione, dove l’abitazione è stata restaurata con pazienza ed attenzione alla conservazione, così come i fabbricati limitrofi.

Inizia così ogni anno l’attività che si esplicita nella coltivazione delle patate (Kennebec, Monna Lisa, Spunta e le rosse Desirèe e Romano), seminate e lavorate manualmente fino alla raccolta. Ma nei cinque ettari (15 sono boschivi) si coltivano anche mirtilli, lamponi ed una produzione orticola. Il tutto viene venduto direttamente in azienda. Un esempio dunque di tenacia e soprattutto amore per la propria terra, garantita in continuità dalla figlia Maria Luisa intestataria dell’azienda associata alla Cia di Piacenza.

le patate di PasqualiOrganizzazione professionale di cui Pietro Pasquali, di Bobbio (Piacenza) fa parte del Consiglio: un altro esempio di un perito agrario che ha scelto la montagna e la produzione di patate, anche se la lavorazione è meno artigianale e si avvale dell’ausilio di moderni macchinari, per terreni che garantiscono un’elevata qualità.

Le patate dell’azienda agricola “La rovere di Stavello” di cui è titolare Pasquali e che prende il nome da una imponente quercia plurisecolare che si erge sui suoi terreni (dichiarata “monumento nazionale” dalla Soprintendenza ai Beni Paesaggisti” e pertanto sottoposta a vincolo di tutela), hanno la tipicità (colore, calibro e gusto) del tubero di montagna. La tipologia del terreno le rende uniche per sapore ed ampio utilizzo in cucina. È nella tradizione locale riconoscerle come speciali rispetto a terreni limitrofi. Ve ne sono di tutte le tipologie (pasta bianca, rossa e gialla) ed adatte a tutte le preparazioni culinarie.

L’azienda è situata in territorio di montagna a quota 800 metri s.l.m., sul versante piacentino del Monte Penice, a Vaccarezza di Bobbio in provincia di Piacenza. Occupa le proprietà del Marchese Obizzo Malaspina. Comprende terreni a seminativo (970 pertiche piacentine) con produzione di cereali, foraggio, patate e legumi.

È circondata da boschi di faggio percorsi da sentieri che offrono itinerari escursionistici fino ai giardini botanici di Praticchia. Vende i propri prodotti direttamente al consumatore avvalendosi di fiere, mercati tradizionali, distribuzione porta a porta.

“Mediamente semino 4 ettari all’anno – spiega Pasquali – e il raccolto avviene tra il 15 ed il 30 di agosto, a seconda della dislocazione dell’appezzamento. Infatti basta un dislivello di 70 metri per osservare differenze consistenti nella maturazione. Mediamente si ottengono 130 quintali ad ettaro, ma il mio obiettivo è arrivare a 200”. Pasquali aderisce alla cooperativa di agricoltori Quattro P (Produttori di patate dell’Appennino piacentino) che ha sede a Bobbio e che si è formata per risolvere i problemi tecnici ed organizzativi dei soci produttori del tubero.

“Puntiamo ad ottenere maggior capacità contrattuale concentrando il prodotto – sottolinea –, assicurando un reddito dignitoso alle imprese. Organizzazione della produzione e commercializzazione diretta delle patate rientrano tra le nostre priorità, e ci stiamo riuscendo”. La cooperativa complessivamente lavora 2 mila quintali di patate, parte dei quali sono biologici, che vengono conferiti  ad uno stabilimento specializzato nella quinta gamma.

“Il nostro prodotto viene ritirato in buona parte dalla Riverfrutt di Niviano Rivergaro – aggiunge –, che produce crema di purè e varie tipologie di precotti a base di patata. Speriamo inoltre di diventare fornitori di aziende che confezionano pasti per grandi comunità, assicurandoci la produzione per un periodo prolungato nel tempo”.

Tra i progetti futuri della cooperativa c’è lo sviluppo di altre colture dell’Appennino come, ad esempio, castagne e frutti del sottobosco, “ma anche trovare spazio per antiche varietà di frumento”.

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